
Quest’estate ero in cerca di un romanzo da leggere. Vorrei poter dire “come ogni estate”, ma non sarebbe vero: era da molto che non mi concedevo la dolce libertà ( o il lusso?) di leggere un romanzo piuttosto che un interessante, quanto noioso, saggio su temi di attualità vari, marketing o crescita personale.
La scelta non si è rivelata affatto difficile. Forse perchè ero pronta ad affrontare certi temi e sapevo istintivamente di che cosa avevo bisogno, o forse perché da alcuni mesi il mio caro amico Luca andava ripetendomi “Una vita come tante è il libro più bello che abbia mai letto”. Insomma, quale che sia il vero motivo, il mio romanzo estitvo non è stata una lettura leggera. Ed è stato bellissimo.
“A little life”, il titolo originale del romanzo di Hanya Yanagihara, tradotto con “Una vita come tante”, è un ossimoro perché la mole del testo si compone di 1091 pagine ed il tema trattato, la vita del protagonista Jude e quella dei suoi amici, è in realtà una vita straordinaria costellata da esperienze drammatiche letteralmente fuori dal comune. La trama si gioca sul precario e sottile equilibrio tra “umano” e “disumano”, “ordinario” e “straordinario”, “vita” e “morte”. Proprio a partire dalle esperienze del protagonista e dal legame emotivo che quasi immediatamente si instaura tra il lettore ed i personaggi del libro. Un profondo sentimento di compassione ed empatia che va via via crescendo, accompagnato da rabbia e frustrazione, suscitati dall’umana fragilità, dal dolore, e dalle umani insicurezze allo stesso tempo insopportabili e disumane, che caratterizzano la vita del nostro Jude. E uso l’aggettivo “nostro” di proposito e con intenzione perché il lettore diviene il quinto personaggio, o più precisamente il quinto amico, ad aggiungersi a questa cricca di ambiziosi ragazzi newyorkesi che si conoscono al college e che noi seguiamo per tutto l’arco delle loro vite.
E forse sono un po’ ripetitiva, o sentimentale direbbero alcuni, ma non credo di sbagliarmi se dico che la lettura di questo romanzo è un po’ come una promessa: la promessa di impegnarsi a leggerlo tutto, la promessa di lasciarsi coinvolgere e il desiderio assurdo di voler in qualche modo aiutare Jude, la promessa di affrontare episodi di immenso dolore che ci tolgono il fiato, o che ci fanno piangere ed infine, la promessa di voler cercare dentro sè quei sentimenti profondi che citavo poco fa e che forse non fanno parte del teatro delle nostre piccole vite quotidiane.
Il testo si presenta con un intreccio complesso, ricco di flashback e salti in avanti ed indizi narrativi. Si compone di sette capitoli, il primo e l’ultimo hanno lo stesso titolo. Un ciclo che si apre e si chiude, attraversato dalla vita di Jude, Willem, JB, Malcolm e gli altri, come a sottolineare l’impossibilità di sfuggire ad un inevitabile destino, quasi fosse stato tutto in potenza al pari dell’essenza di un nucleo primigenio che ha utilizzato il tempo della vita (e della narrazione) per schiudersi. Non esiste un momento di condanna, o giudizio, in questo libro. Ciò che succede sembra necessario, deciso dalle Erinni. Oppure, utilizzando il linguaggio della matematica come accade nel testo, l’essere è definito dall’assioma dell’ugaglianza, che recita così: “x è sempre uguale a x: pertanto, un oggetto che chiameremo x deve essere necessariamente uguale a se stesso; ciò che lo rende unico, perché in possesso di una caratteristica così immutabile che siamo costretti a considerarlo assolutamente, inevitabilmente, uguale a se stesso”.
Il vero collante di tutto però è l’amore, non la morte. L’amore che qui non presenta alcun fronzolo sentimentale o romantico in senso lato, ma che è concreto e fatto di una rete di rapporti umani solidissima, e allo stesso tempo fragile, una rete che si alimenta e che si sostiene a vicenda senza mai retrocedere, nemmeno di fronte al peggio. Una rete che non concede spazio all’egoismo, anche se l’egoismo c’è eccome. Un amore che non ha nulla a che fare con il rapimento della passione: un amore vero e diffuso, basato sulla fiducia o quanto meno, sullo struggente desiderio di fidarsi del prossimo per lasciarsi finalmente amare.
Vorrei poter continuare a raccontarvi ciò che questa lettura mi ha lasciato, ma vi invito invece a fermarvi e prendervi il tempo per leggere quest’opera. Così monumentale, così piena di grazia.
Ciao Voli Pindarici, ho comprato il libro qualche anno fa ma letto il primo capitolo mi sono bloccata, i libri per gli esami universitari hanno avuto la meglio.
Ad Aprile, come te, cercavo un libro per l’estate. Ho deciso di prenderlo in mano, un po’ a caso e un po’ per sfida. Ho passato l’intera estate a pensare a Jude e Willem “chissà come stanno” mi chiedevo.
Beh, bellissimo libro non volevo finirlo ☺️
è lì sul comodino che mi attende, appena finisco la biografia romanzata di Marie Curie Sklodowska